L'Europa|pagina 2
Monti e pianure
L'osservazione anche superficiale di un gruppo montuoso ci dimostra che quanto si presente ai nostri occhi è il resto di formazioni antichissime ben più potenti e certamente di aspetto assai diverso dall'attuale, e che la mancanza di monti in una regione non significa che essi non vi siano esistiti in passato o non vi possano sorgere in avvenire. Se la nostra attenzione si sposta alle coste, osserviamo spesso che, rispetto al livello del mare, il rilievo in passato era più basso (come dimostrano i terrazzamenti delle montagne calabresi), o più alto (come riesce evidente dalla constatazione che l'impronta degli agenti atmosferici e dell'erosione fluviale sull'Appennino Ligure continua per centinaia di metri sotto le acque del mare). I fenomeni osservati ci portano a concludere che il rilievo è stato ed è in continua evoluzione.
Riesce abbastanza agevole comprendere quali forze demoliscono i sistemi montuosi, anche perché il fenomeno si compie in tempi relativamente stretti e spesso è possibile osservarlo direttamente (frane, valanghe, mareggiate, inondazioni, ecc.).
Ma quali forze hanno costruito le grandiose catene montuose del passato e quelle che ancora troneggiano in tante parti della Terra? Perché certe terre emergono dal mare ed altre vi si inabissano? Gli studiosi hanno proposto e propongono molte teorie; ma benché tutte abbiano un saldo fondamento scientifico, nessuna dà una spiegazione che sia valida per tutti i casi e in tutti i tempi. Tuttavia esse ci chiariscono la complessità e la natura del fenomeno.
Una delle prime constatazioni di chi osserva un sistema montuoso è la presenza nelle rocce di faglie (cioè fratture) o di pieghe. E' evidente che sotto la pressione delle forze che innalzano la montagna, le rocce reagiscono diversamente a seconda sia della loro natura più o meno plastica, sia dell'intensità e della durata delle forze che su di esse premono.
Perciò le rocce, quando sono rigide e le spinte si manifestano intense ed improvvise, si fratturano e le zolle (o labbri) scorrono fino a trovarsi a livelli differenti; se il loro movimento è vasto, si formano vere fosse tettoniche, come quelle illustrate nello schema e delle quali un esempio grandioso è la valle del Reno tra Basilea e Magonza.
Riesce abbastanza agevole comprendere quali forze demoliscono i sistemi montuosi, anche perché il fenomeno si compie in tempi relativamente stretti e spesso è possibile osservarlo direttamente (frane, valanghe, mareggiate, inondazioni, ecc.).
Ma quali forze hanno costruito le grandiose catene montuose del passato e quelle che ancora troneggiano in tante parti della Terra? Perché certe terre emergono dal mare ed altre vi si inabissano? Gli studiosi hanno proposto e propongono molte teorie; ma benché tutte abbiano un saldo fondamento scientifico, nessuna dà una spiegazione che sia valida per tutti i casi e in tutti i tempi. Tuttavia esse ci chiariscono la complessità e la natura del fenomeno.
Una delle prime constatazioni di chi osserva un sistema montuoso è la presenza nelle rocce di faglie (cioè fratture) o di pieghe. E' evidente che sotto la pressione delle forze che innalzano la montagna, le rocce reagiscono diversamente a seconda sia della loro natura più o meno plastica, sia dell'intensità e della durata delle forze che su di esse premono.
Perciò le rocce, quando sono rigide e le spinte si manifestano intense ed improvvise, si fratturano e le zolle (o labbri) scorrono fino a trovarsi a livelli differenti; se il loro movimento è vasto, si formano vere fosse tettoniche, come quelle illustrate nello schema e delle quali un esempio grandioso è la valle del Reno tra Basilea e Magonza.
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Schema di fossa tettonica. In alto sono rappresentati gli strati rocciosi prima del verificarsi delle faglie. In basso si possono riconoscere i vecchi strati, i quali, sprofondati in varia misura, sono venuti a trovarsi a diverso livello. Nel fondovalle si sono accumulati i detriti portati dal fiume di cui si vede il profilo del letto. Non molto diversa è nella realtà la Fossa Renana, che si sprofonda tra i Vosgi e la Foresta Nera.
Quando invece le rocce sono plastiche o lo sforzo si produce più lentamente, gli strati si piegano progressivamente fino ad assumere l'aspetto di onde: fenomeno inspiegabile se non si tenesse conto della scala dei tempi geologici e del calore altissimo degli strati profondi, che sono appunto quelli che noi ora vediamo dopo milioni di anni di erosione e demolizione.
Un'osservazione attenta e su più vasta scala mostra che faglie e pieghe sono sempre coesistenti. E' stato anzi osservato spesso che in un sistema a pieghe, le faglie hanno permesso lo scorrimento delle pieghe l'una sopra l'altra: le falde sono in tal caso chiamate falde di ricoprimento. L'esame delle rocce che le costituiscono permette di affermare che in certi casi esse si sono spostate di decine di chilometri e si sono accavallate per migliaia di metri.
Queste constatazioni hanno posto nuovi problemi allo studio dell'orogenesi, cioè dell'origine dei sistemi montuosi. Cosicché, col progresso della scienza geologica, vecchie teorie si sono mostrate errate o per lo meno hanno visto restringersi di molto il campo di applicazione, come, ad esempio, quella che spiegava l'origine del rilievo con la costituzione interna della sfera terrestre. Si ritiene infatti che la Terra abbia un nucleo centrale metallico, fuso o solido, del raggio di 3450 km (oltre metà del raggio terrestre), composto prevalentemente di nichelio e ferro (donde il nome di nife). Esso è circondato da una fascia di transizione (chiamata osol a causa della prevalenza di ossidi e solfuri), spessa circa 1650 km, all'esterno della quale si trova la pirosfera (=sfera del fuoco), mantello di rocce basaltiche, chiamata anche sima perché composta prevalentemente di silicio e magnesio allo stato cristallino o allo stato fluido: si ritiene che il suo spessore arrivi ai 1200 km. Infine la sfera terrestre è coperta da un involucro discontinuo composto di silicio e alluminio, chiamato perciò sial o litosfera (= sfera della pietra), spessa fino a un massimo di 70 km dove si trovano le più alte catene montuose. Ben poca cosa in confronto con i 6370 km del raggio terrestre! Inoltre il sial è molto sottile o addirittura del tutto mancante sotto gli oceani. Essendo meno plastico e più leggero del sima, il sial in parte galleggia sul sima e in parte vi si immerge come un iceberg nel mare.
Un'osservazione attenta e su più vasta scala mostra che faglie e pieghe sono sempre coesistenti. E' stato anzi osservato spesso che in un sistema a pieghe, le faglie hanno permesso lo scorrimento delle pieghe l'una sopra l'altra: le falde sono in tal caso chiamate falde di ricoprimento. L'esame delle rocce che le costituiscono permette di affermare che in certi casi esse si sono spostate di decine di chilometri e si sono accavallate per migliaia di metri.
Queste constatazioni hanno posto nuovi problemi allo studio dell'orogenesi, cioè dell'origine dei sistemi montuosi. Cosicché, col progresso della scienza geologica, vecchie teorie si sono mostrate errate o per lo meno hanno visto restringersi di molto il campo di applicazione, come, ad esempio, quella che spiegava l'origine del rilievo con la costituzione interna della sfera terrestre. Si ritiene infatti che la Terra abbia un nucleo centrale metallico, fuso o solido, del raggio di 3450 km (oltre metà del raggio terrestre), composto prevalentemente di nichelio e ferro (donde il nome di nife). Esso è circondato da una fascia di transizione (chiamata osol a causa della prevalenza di ossidi e solfuri), spessa circa 1650 km, all'esterno della quale si trova la pirosfera (=sfera del fuoco), mantello di rocce basaltiche, chiamata anche sima perché composta prevalentemente di silicio e magnesio allo stato cristallino o allo stato fluido: si ritiene che il suo spessore arrivi ai 1200 km. Infine la sfera terrestre è coperta da un involucro discontinuo composto di silicio e alluminio, chiamato perciò sial o litosfera (= sfera della pietra), spessa fino a un massimo di 70 km dove si trovano le più alte catene montuose. Ben poca cosa in confronto con i 6370 km del raggio terrestre! Inoltre il sial è molto sottile o addirittura del tutto mancante sotto gli oceani. Essendo meno plastico e più leggero del sima, il sial in parte galleggia sul sima e in parte vi si immerge come un iceberg nel mare.
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Nei due schemi sono rappresentati in alto quattro stati rocciosi prima del corrugamento. Le frecce a sinistra e in basso indicano lo spostamento subito dagli strati stessi durante il corrugamento. Quando la piega ha la concavità rivolta verso l'alto (S) viene chiamata sinclinale; quando invece volge all'alto la convessità (A) si chiama anticlinale. Le faglie (F) e il conseguente scorrimento delle pieghe, han fatto sì che degli strati più recenti si trovino sotto altri più antichi.
Partendo da questa composizione si pensava che il rilievo potesse essere stato sollevato da spinte dal basso da parte delle rocce fuse dell'interno della Terra. Ma, benché vi siano esempi di tale fenomeno, si è constatato che si tratta sempre di episodi isolati di importanza locale, i quali non possono essere spiegazioni sufficiente per il più vasto fenomeno della genesi di catene lunghe migliaia di km.
Un'altra teoria affermava che la Terra, un tempo massa incandescente come il Sole, raffreddandosi progressivamente si comporta come una mela in un forno, si contrae cioè, e perciò gli strati sono costretti a corrugarsi. Ma la perdita di calore, a parte il fatto che è stata smentita da successive osservazioni, dovrebbe essere distribuita su tutta la sfera e dappertutto si dovrebbero verificare quelle crepe e quegli sprofondamenti, dei quali le pieghe sarebbero la conseguenza. (Si pensava infatti che le zolle che venivano a trovarsi strette tra le altre zolle in sprofondamento, costrette in minore spazio, si frantumassero e si corrugassero). Del resto il raffreddamento sarebbe dovuto essere continuo, mentre invece noi sappiamo che l'orogenesi ebbe fasi di maggior attività e fasi di quiete. Insomma, ammesso che in qualche caso le pieghe abbiano tale origine, la teoria non dà spiegazione sempre valida.
Lo scienziato tedesco Alfredo Wegener sembrò aver trovato la soluzione quando avanzò la teoria della deriva dei continenti. Affermava infatti che il sial costituiva inizialmente una massa unica, la quale nell'era mesozoica si frantumò nelle masse che attualmente costituiscono i continenti. Questi cominciarono a muoversi sulla massa pastosa del sima verso ovest e verso l'equatore a diverse velocità, come chiatte alla deriva (o come iceberg) e si dispersero negli oceani, il cui fondo coperto dal sottilissimo strato di sial o direttamente costituito di sima non presentava ostacoli. L'avvicinamento dell'Africa all'Eurasia avrebbe provocato il corrugamento alpino; un ostacolo allo spostamento verso ovest delle Americhe avrebbe corrugato le catene delle Montagne Rocciose e delle Ande.
Un'altra teoria affermava che la Terra, un tempo massa incandescente come il Sole, raffreddandosi progressivamente si comporta come una mela in un forno, si contrae cioè, e perciò gli strati sono costretti a corrugarsi. Ma la perdita di calore, a parte il fatto che è stata smentita da successive osservazioni, dovrebbe essere distribuita su tutta la sfera e dappertutto si dovrebbero verificare quelle crepe e quegli sprofondamenti, dei quali le pieghe sarebbero la conseguenza. (Si pensava infatti che le zolle che venivano a trovarsi strette tra le altre zolle in sprofondamento, costrette in minore spazio, si frantumassero e si corrugassero). Del resto il raffreddamento sarebbe dovuto essere continuo, mentre invece noi sappiamo che l'orogenesi ebbe fasi di maggior attività e fasi di quiete. Insomma, ammesso che in qualche caso le pieghe abbiano tale origine, la teoria non dà spiegazione sempre valida.
Lo scienziato tedesco Alfredo Wegener sembrò aver trovato la soluzione quando avanzò la teoria della deriva dei continenti. Affermava infatti che il sial costituiva inizialmente una massa unica, la quale nell'era mesozoica si frantumò nelle masse che attualmente costituiscono i continenti. Questi cominciarono a muoversi sulla massa pastosa del sima verso ovest e verso l'equatore a diverse velocità, come chiatte alla deriva (o come iceberg) e si dispersero negli oceani, il cui fondo coperto dal sottilissimo strato di sial o direttamente costituito di sima non presentava ostacoli. L'avvicinamento dell'Africa all'Eurasia avrebbe provocato il corrugamento alpino; un ostacolo allo spostamento verso ovest delle Americhe avrebbe corrugato le catene delle Montagne Rocciose e delle Ande.
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1) Dal basso gli strati rappresentano: il sima, il sial e i sedimenti che si accumulano nella fossa geosinclinale. 2) Con l'aumento del peso della massa dei sedimenti, la fossa sprofonda, si deforma e attraverso le faglie che si producono nel movimento, fuoriescono colate laviche, mentre gli strati più profondi cominciano ad essere trasformati dal calore; si formano perciò rocce granitiche. 3) La pressione dal basso fa si che il granito ascenda: sorge la catena montuosa; gli strati sedimentari si corrugano e si fratturano: si formano falde di scorrimento. 4) Gli strati che sono emersi dal mare, sono stati sottoposti al logorio degli agenti atmosferici; erosi gli strati superiori, emerge il nucleo granitico, mentre l'accumulo dei detriti nelle zone marginali causa nuovi sprofondamenti.
Ma perché non si sono formati corrugamenti anche sui margini occidentali dell'Africa o dell'Australia? e quale spiegazione si può dare ai corrugamenti come quelli caledoniani avvenuti prima dell'inizio della deriva? A questi interrogativi hanno risposto teorie più recenti.
L'origine delle montagne, secondo le nuove teorie, è legata alla presenza di fosse chiamate geosinclinali, che costeggiano, lunghe e profonde, i margini dei continenti. In esse nel corso di milioni e milioni di anni si accumulano i sedimenti di origine marina formando coltri di grandissimo spessore. Con l'aumento del peso di queste masse, la fossa comincia a deformarsi, avvengono terremoti e esplosioni vulcaniche attraverso le fratture, mentre il fondo sprofondando sempre più viene a trovarsi ad altissime temperature. Queste provocano la fusione delle rocce che si trasformano in graniti e aprono il passo alla salita di masse di sima allo stato di magma. A questo punto il movimento si inverte: non si hanno più sprofondamenti, ma emersioni, perché le rocce si comportano come l'acqua della pentola o come l'aria della nuvola quando vengono riscaldate: che le differenze di calore causino movimenti anche nelle rocce, non ci sembrerà impossibile se non dimenticheremo che il tempo nel quale avvengono tali movimenti è dell'ordine di decine e decine di milioni di anni!
Queste teorie ci spiegano come il nucleo centrale delle Alpi e degli altri sistemi montuosi sia costituito di rocce granitiche (che la disgregazione meteorica ha poi liberato dalla copertura degli strati di rocce sedimentarie), che invece troviamo ancora sui fianchi (le Prealpi).
Ci spieghiamo anche la presenza delle falde di ricoprimento, perché ricordando le varie fasi sopra descritte, dobbiamo pensare che ad un certo punto la massa degli strati di rocce sedimentarie abbia poggiato sul nucleo centrale secondo un piano inclinato: per la forza di gravità, le falde sono scivolate sulla base e si sono frantumate e accavallate, come nelle Alpi, oppure, se costituite di rocce plastiche, si sono piegate in onde regolari, come osserveremo nel Giura. Infine la teoria delle geosinclinali spiega anche perché le grandi catene montuose sono dislocate lungo i margini dei continenti. La mancanza di esse su certe zone costiere viene spiegata con la deriva dei continenti stessi: si tratta cioè dei margini più recenti, conseguenti alla frantumazione della massa del sial. Ma anche in essi, come ad esempio nelle Antille, sono state osservate le fosse geosinclinali, sono attivi i vulcani, frequenti i terremoti: segni evidenti di una fase orogenetica in atto.
L'origine delle montagne, secondo le nuove teorie, è legata alla presenza di fosse chiamate geosinclinali, che costeggiano, lunghe e profonde, i margini dei continenti. In esse nel corso di milioni e milioni di anni si accumulano i sedimenti di origine marina formando coltri di grandissimo spessore. Con l'aumento del peso di queste masse, la fossa comincia a deformarsi, avvengono terremoti e esplosioni vulcaniche attraverso le fratture, mentre il fondo sprofondando sempre più viene a trovarsi ad altissime temperature. Queste provocano la fusione delle rocce che si trasformano in graniti e aprono il passo alla salita di masse di sima allo stato di magma. A questo punto il movimento si inverte: non si hanno più sprofondamenti, ma emersioni, perché le rocce si comportano come l'acqua della pentola o come l'aria della nuvola quando vengono riscaldate: che le differenze di calore causino movimenti anche nelle rocce, non ci sembrerà impossibile se non dimenticheremo che il tempo nel quale avvengono tali movimenti è dell'ordine di decine e decine di milioni di anni!
Queste teorie ci spiegano come il nucleo centrale delle Alpi e degli altri sistemi montuosi sia costituito di rocce granitiche (che la disgregazione meteorica ha poi liberato dalla copertura degli strati di rocce sedimentarie), che invece troviamo ancora sui fianchi (le Prealpi).
Ci spieghiamo anche la presenza delle falde di ricoprimento, perché ricordando le varie fasi sopra descritte, dobbiamo pensare che ad un certo punto la massa degli strati di rocce sedimentarie abbia poggiato sul nucleo centrale secondo un piano inclinato: per la forza di gravità, le falde sono scivolate sulla base e si sono frantumate e accavallate, come nelle Alpi, oppure, se costituite di rocce plastiche, si sono piegate in onde regolari, come osserveremo nel Giura. Infine la teoria delle geosinclinali spiega anche perché le grandi catene montuose sono dislocate lungo i margini dei continenti. La mancanza di esse su certe zone costiere viene spiegata con la deriva dei continenti stessi: si tratta cioè dei margini più recenti, conseguenti alla frantumazione della massa del sial. Ma anche in essi, come ad esempio nelle Antille, sono state osservate le fosse geosinclinali, sono attivi i vulcani, frequenti i terremoti: segni evidenti di una fase orogenetica in atto.
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Principali sistemi montuosi dell'Europa.
Altre parti del mondo hanno pianure più estese, sistemi montuosi più elevati, fenomeni naturali più strani ed imponenti, ma nessuna ha la varietà di aspetti dell'Europa.
Sola eccezione è la zona orientale, che però è così vasta da occupare circa metà della superficie; ma proprio per la sua uniformità è ben poco europea e si confonde con L'Asia, dalla quale non è divisa da alcun vero ostacolo naturale, né si distingue per qualche caratteristica propria. E' per questo che i confini tra le due parti dell'Eurasia vengono variamente fissati dai geografi. La linea di divisione indicata più comunemente è quella che dal Mar di Kara, all'estremo nord, passa per il fiume omonimo, i Monti Urali, il fiume Emba, le coste nord-occidentali del Mar Càspio il solco nel quale si trovano i due fiumi Mànic e finisce al Mar d'Azov.
La geologia ci dà la spiegazione dei paesaggi europei. Troviamo infatti in Europa, in uno spazio relativamente piccolo, rocce di tutte le ere geologiche, dalle più antiche alle più recenti, in incessante evoluzione verso forme sempre nuove.
Sola eccezione è la zona orientale, che però è così vasta da occupare circa metà della superficie; ma proprio per la sua uniformità è ben poco europea e si confonde con L'Asia, dalla quale non è divisa da alcun vero ostacolo naturale, né si distingue per qualche caratteristica propria. E' per questo che i confini tra le due parti dell'Eurasia vengono variamente fissati dai geografi. La linea di divisione indicata più comunemente è quella che dal Mar di Kara, all'estremo nord, passa per il fiume omonimo, i Monti Urali, il fiume Emba, le coste nord-occidentali del Mar Càspio il solco nel quale si trovano i due fiumi Mànic e finisce al Mar d'Azov.
La geologia ci dà la spiegazione dei paesaggi europei. Troviamo infatti in Europa, in uno spazio relativamente piccolo, rocce di tutte le ere geologiche, dalle più antiche alle più recenti, in incessante evoluzione verso forme sempre nuove.
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In questo paesaggio del Donegal (Irlanda), appare nettissimo sui monti granitici del corrugamento caledoniano il modellamento dovuto ai ghiacciai, che vi hanno anche scavato delle conche ora occupate da laghetti. L'erosione ha portato al basso i detriti, che hanno formato il poco terreno vegetale, in parte occupato dal bosco e in parte coltivato.
Sopra vediamo una delle più antiche terre dell'Europa. Ci colpisce subito la dolcezza delle linee del rilievo; essa è dovuta alla lunga azione dell'erosione degli agenti atmosferici e, per alcuni periodi, anche dei ghiacciai. Non solo i picchi più aguzzi, ma interi sistemi montuosi sono stati così erosi e talvolta pressoché spianati. Si stenta a credere che ciò sia stato possibile, perché una montagna è pur sempre una massa imponente. Ricordiamo però che dal tempo della loro formazione, nell'era paleozoica, almeno 300 milioni di anno or sono, quei sistemi montuosi hanno subito l'azione della pioggia, della neve, del vento, del gelo e del disgelo, dell'umidità e dell'aridità, delle reazioni chimiche, delle manifestazioni della vita animale e vegetale.
Un esempio e qualche facile operazione ci convinceranno. Per essere del tutto spianato al livello della sua base in 300 milioni di anni, un monte che come il Cervinio (m 4478) si elevasse da valli di 1800-2000 m, dovrebbe, a causa degli agenti modificatori che abbiamo elencato, perdere meno di 1 millimetro della sua altezza ogni cento anni; fatto, come ognuno vede, possibilissimo.
I sistemi montuosi più antichi appartengono al corrugamento caledoniano, così chiamato dal nome latino della Scòzia, Caledònia, che appunto nell'era paleozoica sorse dal mare, e sono dislocati a settentrione ed ad oriente; essi costituiscono quasi tutto il rilievo della Gran Bretagna, dell'Irlanda, le Alpi Scandìnave, i territori della Russia settentrionale ormai spianati e anche della Sardegna e della Corsica. Ancor più antichi sono i terreni della Finlandia e della Carèlia.
Le massime altitudini sono piuttosto modeste: monte Ben Névis nei Grampiani (Scòzia), m 1343, Monte Galdhopiggen, m 2469 nelle Alpi Scandìnave; ben poca cosa in confronto alle più alte cime alpine, ma, ripetiamo, in passato la loro altitudine fu certo assai maggiore.
Un esempio e qualche facile operazione ci convinceranno. Per essere del tutto spianato al livello della sua base in 300 milioni di anni, un monte che come il Cervinio (m 4478) si elevasse da valli di 1800-2000 m, dovrebbe, a causa degli agenti modificatori che abbiamo elencato, perdere meno di 1 millimetro della sua altezza ogni cento anni; fatto, come ognuno vede, possibilissimo.
I sistemi montuosi più antichi appartengono al corrugamento caledoniano, così chiamato dal nome latino della Scòzia, Caledònia, che appunto nell'era paleozoica sorse dal mare, e sono dislocati a settentrione ed ad oriente; essi costituiscono quasi tutto il rilievo della Gran Bretagna, dell'Irlanda, le Alpi Scandìnave, i territori della Russia settentrionale ormai spianati e anche della Sardegna e della Corsica. Ancor più antichi sono i terreni della Finlandia e della Carèlia.
Le massime altitudini sono piuttosto modeste: monte Ben Névis nei Grampiani (Scòzia), m 1343, Monte Galdhopiggen, m 2469 nelle Alpi Scandìnave; ben poca cosa in confronto alle più alte cime alpine, ma, ripetiamo, in passato la loro altitudine fu certo assai maggiore.
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Nel Monte Kebnekaise delle Alpi Scandinave si nota in alto la prevalenza delle forme arrotondate con larghi circhi, dai quali il ghiacciaio, del tipo detto appunto scandinavo, manda a valle più di una lingua glaciale.
Di poco meno antichi (relativamente, s'intende: diciamo 50 milioni di anni; la loro formazione risale perciò a circa 250 milioni di anni or sono) sono altri sistemi montuosi situati più a sud, appartenenti al corrugamento ercìnico, nella stessa Gran Bretagna meridionale, nelle Isole Svàlbard, in Francia (Bretagna, Massiccio Centrale, Vosgi), in Belgio in Germania (Selva Nera, dal cui nome latino 'Silva Hercynia', prende nome il corrugamento, Massiccio Renano, Harz), in Cecoslovacchia (Monti Metalliferi, Sudeti, Selva Boema, Alture di Moràvia), in Polonia, in Russia (Urali e alture centrali), in Spagna ed anche in Italia (alcune zone delle Alpi, Toscana, Calabria, Sardegna). Sono tutti rilievi anch'essi molto erosi e di aspetto non molto diverso da quelli del corrugamento caledoniano.
Una caratteristica dei rilievi del corrugamento ercinico è la presenza di estesi giacimenti di carbone, dovuti alla trasformazione di depositi di piante di alto fusto, accumulate dalle alluvioni o cresciute in foreste impenetrabili del tipo delle attuali foreste equatoriali: il clima era infatti allora più uniforme dell'attuale e caratterizzato da caldo umido.
Durante l'era successiva, la mesozoica, le zone più basse, ormai ridotte a pianure ondulate (peneplani), furono invase dal mare, e, come in tutti i fondi marini, vi si depositarono detriti di varia origine, che costituirono le rocce sedimentarie, le sabbie e le argille, dalle quali restarono coperte talvolta quelle terre quando riemersero; è il caso della zona pianeggiante intorno a Parigi e a Londra.
Una caratteristica dei rilievi del corrugamento ercinico è la presenza di estesi giacimenti di carbone, dovuti alla trasformazione di depositi di piante di alto fusto, accumulate dalle alluvioni o cresciute in foreste impenetrabili del tipo delle attuali foreste equatoriali: il clima era infatti allora più uniforme dell'attuale e caratterizzato da caldo umido.
Durante l'era successiva, la mesozoica, le zone più basse, ormai ridotte a pianure ondulate (peneplani), furono invase dal mare, e, come in tutti i fondi marini, vi si depositarono detriti di varia origine, che costituirono le rocce sedimentarie, le sabbie e le argille, dalle quali restarono coperte talvolta quelle terre quando riemersero; è il caso della zona pianeggiante intorno a Parigi e a Londra.
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Questo ghiacciaio del Vallese (Svizzera) è di tipo himalaiano perché vi confluiscono diverse lingue glaciali, come dimostra la presenza di una morena centrale.
Sopra, osserviamo un paesaggio alpino. Notiamo la presenza di nevi perenni e di lingue glaciali lunghe anche decine di km che ci dimostrano la maggior altitudine del sistema montuoso: il tempo non ha ancora avuto modo di smantellare le maggiori elevazioni, che ancora protendono al cielo le guglie aguzze, i corni, i becchi, le punte che conferiscono alle Alpi un aspetto inconfondibile.
Non che esse abbiano conservato la stessa conformazione di quando ebbero origine (era cenozoica, circa 50 milioni di anni or sono, 200 milioni dopo i precedenti corrugamenti) il Cervino stesso è il resto di una montagna molto più alta. Tuttavia le catene montuose del sistema alpino (e cioè in Europa i Pirenei e la Sierra Nevada, il Giura, le Alpi e gli Appennini, i Carpazi, le Alpi Dinariche, i Balcani, il Pindo eccetera) conservano un'impronta di freschezza, di 'gioventù' che è tutta loro particolare.
Queste catene sono disposte, grosso modo, nella direzione del paralleli (ed in Asia i sistemi coevi la continuano, dal Caucaso all'Himàlaia ed oltre). I geologi attribuiscono questo fatto all'avvicinamento dell'Africa alle terre europee già formate.
La pressione si ripercosse anche sui vecchi sistemi montuosi che in parte vennero di nuovo inarcati e sollevati, cioè, in un certo senso, ringiovaniti.
Si produssero anche di nuovo, a causa delle estese faglie, profondi solchi (in uno dei quali scorre il Reno, tra i Vosgi e la Selva Nera) o grandi dislivelli tra zone vicine, veri gradini che talvolta isolano massicci grandiosi (ad esempio lo Harz in Germania).
E' attraverso quelle fratture che, sia durante i corrugamenti caledoniano ed ercinico, sia durante il corrugamento alpino, si manifestarono intensi fenomeni vulcanici, testimoniati dai giacimenti di porfidi, basalti, lave e ceneri che troviamo in molte regioni europee. In alcune anzi il vulcanismo è ancora manifesto, non solo in fenomeni secondari come le acque termali, ma in vulcani attivi come quelli dell'Islanda e dell'Italia.
Non che esse abbiano conservato la stessa conformazione di quando ebbero origine (era cenozoica, circa 50 milioni di anni or sono, 200 milioni dopo i precedenti corrugamenti) il Cervino stesso è il resto di una montagna molto più alta. Tuttavia le catene montuose del sistema alpino (e cioè in Europa i Pirenei e la Sierra Nevada, il Giura, le Alpi e gli Appennini, i Carpazi, le Alpi Dinariche, i Balcani, il Pindo eccetera) conservano un'impronta di freschezza, di 'gioventù' che è tutta loro particolare.
Queste catene sono disposte, grosso modo, nella direzione del paralleli (ed in Asia i sistemi coevi la continuano, dal Caucaso all'Himàlaia ed oltre). I geologi attribuiscono questo fatto all'avvicinamento dell'Africa alle terre europee già formate.
La pressione si ripercosse anche sui vecchi sistemi montuosi che in parte vennero di nuovo inarcati e sollevati, cioè, in un certo senso, ringiovaniti.
Si produssero anche di nuovo, a causa delle estese faglie, profondi solchi (in uno dei quali scorre il Reno, tra i Vosgi e la Selva Nera) o grandi dislivelli tra zone vicine, veri gradini che talvolta isolano massicci grandiosi (ad esempio lo Harz in Germania).
E' attraverso quelle fratture che, sia durante i corrugamenti caledoniano ed ercinico, sia durante il corrugamento alpino, si manifestarono intensi fenomeni vulcanici, testimoniati dai giacimenti di porfidi, basalti, lave e ceneri che troviamo in molte regioni europee. In alcune anzi il vulcanismo è ancora manifesto, non solo in fenomeni secondari come le acque termali, ma in vulcani attivi come quelli dell'Islanda e dell'Italia.
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La natura vulcanica dell'Islanda si rivela chiaramente in questo luogo (Krisuvik) attraverso i violenti getti di vapore e i conetti fumanti.
All'inizio della nostra era, la neozoica od antropozoica ( circa un milione di anni or sono), e poi nuovamente in seguito a varie riprese (l'ultima circa 8 mila anni fa) su quasi tutte le montagne europee si formarono estesissimi ghiacciai in conseguenza di un abbassamento della temperatura o anche solo a causa di un aumento delle precipitazioni invernali. A nord si formarono delle calotte che non solo coprivano tutto il rilievo montuoso, ma si estendevano a buona parte della pianura settentrionale; nelle Alpi invece le cime più elevate restarono libere, come isole in un mare di ghiaccio; lo spessore delle formazioni glaciali era di 2 o 3 mila metri. Tutta l'Europa restò più o meno estesamente segnata dall'impronta glaciale, che con le sue formidabili pressioni e l'avanzata delle lingue glaciali arrotondò il profilo delle montagne, abbassò il livello delle valli e le modellò ad U, spianò ancor più il peneplano settentrionale, costruì corone di morene e scavò una miriade di laghi.
il peso della immensa massa di ghiaccio causò lo sprofondamento di certe zone; ma quando, mutato ancora il clima o il regime delle precipitazioni, i ghiacciai si ritirarono e si assottigliarono e il ghiaccio si ritrasformò in acqua, esse cominciarono a sollevarsi, ad emergere sempre più dal mare: si è calcolato che la Penisola Scandinava si sia alzata di 270 metri in 17 mila anni. Intanto il livello del mare aumentava (forse di 200 metri) ed alcune terre furono di nuovo invase dalle acque, mentre altre si trasformarono in isole o in arcipelaghi.
La vicenda non è finita: il misterioso sollevarsi delle terre in un luogo e l'abbassarsi in un altro, l'aumento del livello del mare, il regresso dei ghiacciai e della banchisa polare, l'attività dei vulcani, la vita insomma della crosta terrestre, durano ancor oggi. Sono tutti fenomeni dei quali dobbiamo tener conto, non solo per conoscere la storia delle nostre terre, ma anche per spiegarci la loro presente conformazione e natura.
il peso della immensa massa di ghiaccio causò lo sprofondamento di certe zone; ma quando, mutato ancora il clima o il regime delle precipitazioni, i ghiacciai si ritirarono e si assottigliarono e il ghiaccio si ritrasformò in acqua, esse cominciarono a sollevarsi, ad emergere sempre più dal mare: si è calcolato che la Penisola Scandinava si sia alzata di 270 metri in 17 mila anni. Intanto il livello del mare aumentava (forse di 200 metri) ed alcune terre furono di nuovo invase dalle acque, mentre altre si trasformarono in isole o in arcipelaghi.
La vicenda non è finita: il misterioso sollevarsi delle terre in un luogo e l'abbassarsi in un altro, l'aumento del livello del mare, il regresso dei ghiacciai e della banchisa polare, l'attività dei vulcani, la vita insomma della crosta terrestre, durano ancor oggi. Sono tutti fenomeni dei quali dobbiamo tener conto, non solo per conoscere la storia delle nostre terre, ma anche per spiegarci la loro presente conformazione e natura.
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La cartina indica le principali fasi del regresso dei ghiacciai quaternari, il cui massimo sviluppo si fa risalire a circa 65 mila anni fa e l'ultima avanzata a 8 mila. La durata e l'ampiezza del fenomeno, insieme con l'alterna vicenda di avanzate e regressi, danno ragione della vastissima e profonda impronta glaciale che ancora si può nettamente osservare nelle regioni interessate. Fenomeni simili e coevi hanno modellato anche le maggiori catene montuose dell'Europa centrale e meridionale.
Quello che abbiamo detto dell'erosione meteorica e dell'azione glaciale ci spiega non solo la conformazione, ma anche la fertilità, ora scarsa dove i granitici terreni più antichi affiorano, ora notevole dove invece si sono accumulate argille, sabbia e loess (materiali finissimi trasportati dal vento) del Bassopiano che si estende pressoché ininterrotto dall'estremo est dell'Europa all'Atlantico. Esso prende via via nome di Bassopiano Sarmàtico, Germanico e Francese; lembi staccati, ma non diversi per natura sono le pianure dell'Inghilterra sud-orientale dell'Irlanda centrale, della Spagna (la Meseta).
In altre regioni la pianura appare assolutamente piatta (ma sappiamo che una certa inclinazione c'è, altrimenti le acque stagnerebbero). Effettivamente spesso essa fu davvero coperta dalle acque dei mari o dei fiumi, le quali vi trasportarono e vi livellarono i detriti prodotti dall'erosione del rilievo. Le pianure alluvionali in europa sono molto meno estese di quelle che abbiamo visto sopra: oltre ai brevi tratti lungo il corso dei fiumi, abbiamo le pianure dell'Aragona e dell'Andalusìa in Spagna, della Guascogna e della Linguadoca in Francia, del Po in Italia, la Pianura Magiara o Bassopiano Pannònico in Ungheria, e quella Valacca in Romania.
In complesso le pianure europee, grazie soprattutto alla sconfinata pianura Sarmàtica, occupano i 2/3 della superficie totale, cosicché l'Europa è, con l'Australia, la parte del mondo in media meno elevata: 340 metri in confronto con i 670 dell'Africa e i 1000 dell'Asia, causa questa non ultima della sua prosperità economica.
Poiché però le pianure si estendono specialmente alla base della grande penisola (tale è in sostanza l'Europa), e i rilievi si trovano specialmente verso le coste, la configurazione orizzontale, è articolata più che in ogni altra terra.
In altre regioni la pianura appare assolutamente piatta (ma sappiamo che una certa inclinazione c'è, altrimenti le acque stagnerebbero). Effettivamente spesso essa fu davvero coperta dalle acque dei mari o dei fiumi, le quali vi trasportarono e vi livellarono i detriti prodotti dall'erosione del rilievo. Le pianure alluvionali in europa sono molto meno estese di quelle che abbiamo visto sopra: oltre ai brevi tratti lungo il corso dei fiumi, abbiamo le pianure dell'Aragona e dell'Andalusìa in Spagna, della Guascogna e della Linguadoca in Francia, del Po in Italia, la Pianura Magiara o Bassopiano Pannònico in Ungheria, e quella Valacca in Romania.
In complesso le pianure europee, grazie soprattutto alla sconfinata pianura Sarmàtica, occupano i 2/3 della superficie totale, cosicché l'Europa è, con l'Australia, la parte del mondo in media meno elevata: 340 metri in confronto con i 670 dell'Africa e i 1000 dell'Asia, causa questa non ultima della sua prosperità economica.
Poiché però le pianure si estendono specialmente alla base della grande penisola (tale è in sostanza l'Europa), e i rilievi si trovano specialmente verso le coste, la configurazione orizzontale, è articolata più che in ogni altra terra.