Climi
Abbiamo già accennato agli elementi fondamentali che favoriscono i climi dell'Europa: posizione nella zona temperata (solo il 6% è compreso nella calotta polare artica), compenetrazione tra terre e mari, influenza della Corrente del Golfo.
Perciò in nessuna regione europea la temperatura è così calda o così fredda da impedire del tutto le attività umane, in nessun luogo le piogge mancano del tutto o sono eccessive, nessuna zona è soggetta ai frequenti uragani che seminano distruzione e morte sulle coste dell'America orientale, ad esempio, o nell'Estremo Oriente. In Europa non c'è il deserto, né quello torrido dell'Africa, né quello bianco delle regioni polari; non c'è nemmeno l'eccesso di umidità di certi climi tropicali. Qualche lembo dell'estremo nord dell'Europa o del sudest o dell'ovest sembra contraddire a questa affermazione. Ma lassù, nonostante il clima, vivono i Lapponi allevatori di renne e pescatori, nelle steppe del Kazàkistan i pastori allevano pecore, sulle coste occidentali dell'Irlanda se l'agricoltura non è redditizia, l'allevamento è assai fiorente.
L'Europa è dunque terra di climi temperati. Usiamo il plurale perché la diversa latitudine, la maggiore o minore lontananza dal mare e l'altitudine e disposizione dei rilievi montuosi determinano nella pur piccola Europa situazioni particolari e una certa varietà di temperature, di volume e regime delle precipitazioni atmosferiche e di venti.
Perciò in nessuna regione europea la temperatura è così calda o così fredda da impedire del tutto le attività umane, in nessun luogo le piogge mancano del tutto o sono eccessive, nessuna zona è soggetta ai frequenti uragani che seminano distruzione e morte sulle coste dell'America orientale, ad esempio, o nell'Estremo Oriente. In Europa non c'è il deserto, né quello torrido dell'Africa, né quello bianco delle regioni polari; non c'è nemmeno l'eccesso di umidità di certi climi tropicali. Qualche lembo dell'estremo nord dell'Europa o del sudest o dell'ovest sembra contraddire a questa affermazione. Ma lassù, nonostante il clima, vivono i Lapponi allevatori di renne e pescatori, nelle steppe del Kazàkistan i pastori allevano pecore, sulle coste occidentali dell'Irlanda se l'agricoltura non è redditizia, l'allevamento è assai fiorente.
L'Europa è dunque terra di climi temperati. Usiamo il plurale perché la diversa latitudine, la maggiore o minore lontananza dal mare e l'altitudine e disposizione dei rilievi montuosi determinano nella pur piccola Europa situazioni particolari e una certa varietà di temperature, di volume e regime delle precipitazioni atmosferiche e di venti.
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Temperature e precipitazioni in alcune città Europee. Ogni diagramma è da considerarsi diviso in 12 colonne relative ai 12 mesi dell'anno, a cominciare da gennaio.
Osserviamo i quattro diagrammi che rappresentano schematicamente nella parte inferiore l'andamento annuo delle precipitazioni e nella parte superiore quello della temperatura in quattro località caratteristiche: Napoli, Milano, Valentia (Irlanda) e Mosca.
Consideriamo anzitutto le temperature. Poiché la latitudine è rispettivamente di 41, 45, 52, 56 gradi, esse dovrebbero diminuire man mano che ci si avvicina al Polo, a causa della crescente dispersione del calore solare.
Consideriamo anzitutto le temperature. Poiché la latitudine è rispettivamente di 41, 45, 52, 56 gradi, esse dovrebbero diminuire man mano che ci si avvicina al Polo, a causa della crescente dispersione del calore solare.
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Un semplice esperimento dimostra che i raggi solari si disperdono più o meno a seconda dell'angolo che i raggi fanno col piano illuminato: si confronti il numero delle piastrelle colpite dalla luce delle torce. Per la stessa ragione in estate (o verso l'equatore o a mezzogiorno) i raggi sono concentrati su una superficie minore, mentre in inverno (o verso il Polo o al mattino o alla sera) i raggi solari si disperdono su una superficie più vasta e perciò la temperatura è minore.
Ciò invece non si verifica, né per la temperatura minima, né per la massima. Appare subito evidente che elemento perturbatore è il mare.
Infatti l'escursione annua (cioè la differenza tra le temperature medie massime e minime indicata a destra di ogni diagramma), è minore a Valentia, un po' maggiore a Napoli, alta a Milano e ancor più a Mosca. La diversità deriva dalla posizione delle quattro località rispetto al mare: Valentia, situata sull'Oceano Atlantico, è aperta ai venti occidentali che tengono bassa la temperatura estiva, ma impediscono anche i geli invernali, soprattutto per merito della Corrente del Golfo che, lo sappiamo, è più calda di quello che comporterebbe la latitudine. Anche Napoli è situata sul mare, ma il Mediterraneo è meno vasto e la sua azione perciò meno potente di quella dell'Atlantico; la temperatura invernale è maggiore che a Valentia (ma di poco) a causa della latitudine più meridionale e del calore delle acque del Mediterraneo; quella estiva è molto maggiore sempre a causa della latitudine, ma è mitigata dall'influsso del mare; l'escursione è maggiore che a Valentia, ma ancora mediocre.
Milano sente scarsamente l'influsso del Mare Adriatico distante oltre 200 km (il Mar Ligure è meno lontano, ma c'è di mezzo l'Appennino); perciò l'inverno si fa rigido e l'estate, pur essendo la metropoli lombarda a nord di Napoli, ha la stessa temperatura della città campana; l'escursione annua aumenta a 23 gradi.
Mosca infine, che dal mare dista ancor più di Milano e si trova a maggiore latitudine, ha un'escursione di 30 gradi: la latitudine le impedisce di raggiungere d'estate le temperature di Milano, ma la maggior distanza dal mare produce un grande abbassamento di quelle invernali, le quali del resto sono influenzate dalle masse d'aria fredda, provenienti dalla Siberia.
Possiamo perciò concludere che la temperatura in Europa è soggetta alla duplice influenza della latitudine e del mare, i cui effetti a volte tendono ad elidersi (temperatura invernale di Valentia), a volte si fanno sentire con diversa intensità (temperatura invernale di Mosca).
Le quattro località considerate sono al livello del mare o in bassopiani. Le loro temperature perciò non sono praticamente influenzate dall'altitudine. Ma sappiamo che ogni 160-180 metri di maggior livello la temperatura diminuisce di 1 grado. Perciò le regioni montuose sono in ogni stagione più fresche di quelle circostanti.
Infatti l'escursione annua (cioè la differenza tra le temperature medie massime e minime indicata a destra di ogni diagramma), è minore a Valentia, un po' maggiore a Napoli, alta a Milano e ancor più a Mosca. La diversità deriva dalla posizione delle quattro località rispetto al mare: Valentia, situata sull'Oceano Atlantico, è aperta ai venti occidentali che tengono bassa la temperatura estiva, ma impediscono anche i geli invernali, soprattutto per merito della Corrente del Golfo che, lo sappiamo, è più calda di quello che comporterebbe la latitudine. Anche Napoli è situata sul mare, ma il Mediterraneo è meno vasto e la sua azione perciò meno potente di quella dell'Atlantico; la temperatura invernale è maggiore che a Valentia (ma di poco) a causa della latitudine più meridionale e del calore delle acque del Mediterraneo; quella estiva è molto maggiore sempre a causa della latitudine, ma è mitigata dall'influsso del mare; l'escursione è maggiore che a Valentia, ma ancora mediocre.
Milano sente scarsamente l'influsso del Mare Adriatico distante oltre 200 km (il Mar Ligure è meno lontano, ma c'è di mezzo l'Appennino); perciò l'inverno si fa rigido e l'estate, pur essendo la metropoli lombarda a nord di Napoli, ha la stessa temperatura della città campana; l'escursione annua aumenta a 23 gradi.
Mosca infine, che dal mare dista ancor più di Milano e si trova a maggiore latitudine, ha un'escursione di 30 gradi: la latitudine le impedisce di raggiungere d'estate le temperature di Milano, ma la maggior distanza dal mare produce un grande abbassamento di quelle invernali, le quali del resto sono influenzate dalle masse d'aria fredda, provenienti dalla Siberia.
Possiamo perciò concludere che la temperatura in Europa è soggetta alla duplice influenza della latitudine e del mare, i cui effetti a volte tendono ad elidersi (temperatura invernale di Valentia), a volte si fanno sentire con diversa intensità (temperatura invernale di Mosca).
Le quattro località considerate sono al livello del mare o in bassopiani. Le loro temperature perciò non sono praticamente influenzate dall'altitudine. Ma sappiamo che ogni 160-180 metri di maggior livello la temperatura diminuisce di 1 grado. Perciò le regioni montuose sono in ogni stagione più fresche di quelle circostanti.
Osserviamo ora sui diagrammi il regime delle piogge.
A Napoli le precipitazioni cadono prevalentemente d'inverno e di rado sono nevose; la quantità complessiva è piuttosto scarsa. A Milano, zona di transizione, le precipitazioni sono più abbondanti in primavera ed autunno; d'inverno cadono anche sotto forma di neve. A Mosca esse sono molto scarse, cadono prevalentemente d'estate, e d'inverno sono sempre nevose. A Valentia infine esse sono abbondanti e cadono in ogni stagione, si può dire ogni giorno dell'anno; rare anche là le nevi.
In conclusione: anche per le precipitazioni il fattore principale è la maggiore o minore distanza dal mare. Ma le masse di aria umida si scaricano prevalentemente sui rilievi, i quali col raffreddamento causato dall'altitudine determinano la condensazione delle gocce delle nuvole e la loro caduta. Si osservi sulla cartina l'ubicazione delle zone di maggior piovosità, che coincidono con le catene montuose; il che significa che le masse d'aria umida spesso sorvolano le pianure per andare a condensarsi e a scaricarsi sui rilievi. Se questi sono alti le precipitazioni sono sempre nevose; se le nevi cadono al di sopra del limite delle nevi permanenti, non si sciolgono mai del tutto, dando luogo a quelle formazioni glaciali che nelle Alpi si trovano a quote superiori ai 2.800 metri, mentre nella Penisola Scandinava (ecco un'altra prova dell'influsso della latitudine sulla temperatura) si trovano già a 1.600 metri.
Temperatura, precipitazioni e loro regime determinano in Europa i seguenti tipi di clima:
clima mediterraneo, con escursione diurna ed annua mediocre, inverni miti, estati calde e secche, piogge non abbondanti e prevalentemente invernali (coste del Mediterraneo e del Portogallo, meno quelle dell'Ucraina aperte all'influsso dei venti del nord);
clima marittimo o atlantico o oceanico, con escursione mediocre, estati ed inverni miti, piogge abbondanti e distribuite in tutte le stagioni, con una certa prevalenza dell'inverno (Spagna atlantica, Francia atlantica, Inghilterra, Bassopiano germanico ad ovest del fiume Elba, coste norvegesi);
clima continentale, con forti escursioni, inverno molto lungo, freddo e sempre innevato, scoppio improvviso della primavera, brevissima e calda estate, piogge prevalentemente temporalesche ed estive (tutto l'est dell'Europa e il versante baltico della Penisola Scandinava);
clima di transizione che ha gli stessi caratteri del precedente, ma meno accentuati, e piogge prevalentemente primaverili ed autunnali (la zona non ben delimitabile che sta tra le tre precedenti; vi si comprende anche la Meseta spagnola, la Pianura Padana e l'Appennino);
clima freddo o polare, senza estate calda, lunga durata della neve al suolo (la stretta fascia settentrionale della Russia e le alte montagne);
clima arido, con scarsissime precipitazioni (meno di 250 mm annui) e forti escursioni (a nord del Mar Caspio).
Il passaggio da un tipo di clima ad un altro è brusco solamente quando un alto sistema montuoso si erge a fare da elemento separatore, come la bastionata delle Alpi Dinariche che limitano il clima mediterraneo alla stretta cimosa della Dalmazia. All'interno di ogni tipo di clima la latitudine, l'altitudine, l'esposizione, i venti prevalenti agiscono variamente e determinano particolari accentuazioni dell'uno o dell'altro fattore, senza mutarne le caratteristiche di fondo.
A Napoli le precipitazioni cadono prevalentemente d'inverno e di rado sono nevose; la quantità complessiva è piuttosto scarsa. A Milano, zona di transizione, le precipitazioni sono più abbondanti in primavera ed autunno; d'inverno cadono anche sotto forma di neve. A Mosca esse sono molto scarse, cadono prevalentemente d'estate, e d'inverno sono sempre nevose. A Valentia infine esse sono abbondanti e cadono in ogni stagione, si può dire ogni giorno dell'anno; rare anche là le nevi.
In conclusione: anche per le precipitazioni il fattore principale è la maggiore o minore distanza dal mare. Ma le masse di aria umida si scaricano prevalentemente sui rilievi, i quali col raffreddamento causato dall'altitudine determinano la condensazione delle gocce delle nuvole e la loro caduta. Si osservi sulla cartina l'ubicazione delle zone di maggior piovosità, che coincidono con le catene montuose; il che significa che le masse d'aria umida spesso sorvolano le pianure per andare a condensarsi e a scaricarsi sui rilievi. Se questi sono alti le precipitazioni sono sempre nevose; se le nevi cadono al di sopra del limite delle nevi permanenti, non si sciolgono mai del tutto, dando luogo a quelle formazioni glaciali che nelle Alpi si trovano a quote superiori ai 2.800 metri, mentre nella Penisola Scandinava (ecco un'altra prova dell'influsso della latitudine sulla temperatura) si trovano già a 1.600 metri.
Temperatura, precipitazioni e loro regime determinano in Europa i seguenti tipi di clima:
clima mediterraneo, con escursione diurna ed annua mediocre, inverni miti, estati calde e secche, piogge non abbondanti e prevalentemente invernali (coste del Mediterraneo e del Portogallo, meno quelle dell'Ucraina aperte all'influsso dei venti del nord);
clima marittimo o atlantico o oceanico, con escursione mediocre, estati ed inverni miti, piogge abbondanti e distribuite in tutte le stagioni, con una certa prevalenza dell'inverno (Spagna atlantica, Francia atlantica, Inghilterra, Bassopiano germanico ad ovest del fiume Elba, coste norvegesi);
clima continentale, con forti escursioni, inverno molto lungo, freddo e sempre innevato, scoppio improvviso della primavera, brevissima e calda estate, piogge prevalentemente temporalesche ed estive (tutto l'est dell'Europa e il versante baltico della Penisola Scandinava);
clima di transizione che ha gli stessi caratteri del precedente, ma meno accentuati, e piogge prevalentemente primaverili ed autunnali (la zona non ben delimitabile che sta tra le tre precedenti; vi si comprende anche la Meseta spagnola, la Pianura Padana e l'Appennino);
clima freddo o polare, senza estate calda, lunga durata della neve al suolo (la stretta fascia settentrionale della Russia e le alte montagne);
clima arido, con scarsissime precipitazioni (meno di 250 mm annui) e forti escursioni (a nord del Mar Caspio).
Il passaggio da un tipo di clima ad un altro è brusco solamente quando un alto sistema montuoso si erge a fare da elemento separatore, come la bastionata delle Alpi Dinariche che limitano il clima mediterraneo alla stretta cimosa della Dalmazia. All'interno di ogni tipo di clima la latitudine, l'altitudine, l'esposizione, i venti prevalenti agiscono variamente e determinano particolari accentuazioni dell'uno o dell'altro fattore, senza mutarne le caratteristiche di fondo.
Le acque interne
Nell'Europa essendo il territorio allungato da est ad ovest, articolato in molte penisole secondarie e frammentato da sistemi montuosi disposti spesso verso i margini esterni, molti corsi d'acqua defluiscono direttamente al mare, senza esser raccolti dagli immensi bacini che notiamo in altre parti del mondo. Solo verso oriente, dove la penisola europea si allarga ed i centri di dispersione delle acque sono più lontani dal mare, anche i fiumi ed i bacini europei acquistano una certa importanza.
La relativa brevità dei corsi d'acqua europei ci permette di notarne meglio le caratteristiche, di constatare che ciascuno ha qualche aspetto particolare che lo distingue dagli altri.
Il fiume più lungo d'Europa è il Volga, che nasce da alcuni laghetti morenici sulle colline del Rialto del Valdài, a 250 metri sul livello del mare, e sfocia nel Mar Caspio dopo un corso di 3690 km: questo significa che la pendenza media è inferiore ai 7 cm per km e spiega la velocità bassissima della corrente, spesso inferiore a 1 metro al secondo. Le regioni che il Volga attraversa sono povere di piogge, ma il bacino è così vasto (1 milione e 700 mila kmq) che il fiume è regolare, ricco di acque e perciò navigabile: con i suoi affluenti forma un sistema di vie fluviali di 12.000 km.
Per lunghi periodi, quattro o cinque mesi, il gelo blocca però la navigazione (ma non il transito, perché il ghiaccio sopporta il peso anche dei più pesanti autocarri). E' quello naturalmente il periodo di magra del Volga. Ma quando con la primavera arriva il disgelo (in aprile, a causa del clima continentale), prima lo scioglimento delle nevi e dei ghiacci e poi le piogge estive gonfiano le acque del fiume provocando le maggiori piene dell'anno. Perciò diciamo che il regime del Volga è 'nivale', cioè che le sue piene sono conseguenza dello scioglimento delle nevi.
La portata dei fiume nel corso inferiore, svolgendosi in una regione a clima arido, diminuisce per effetto dell'intensa evaporazione ed anche per la dispersione delle acque nei terreni alluvionali circostanti.
Il Volga sfocia nel Mar Caspio con un grande, intricatissimo delta, ma già da Volgograd (Stalingrado) si divide in parecchi rami, che sono una riprova della sua bassa velocità.
L'esame del corso del Volga ci ha così permesso di constatare che dislivello, clima, natura dei terreni ed intervento dell'uomo contribuiscono in varia misura a conferire ai corsi d'acqua particolari caratteristiche.
La relativa brevità dei corsi d'acqua europei ci permette di notarne meglio le caratteristiche, di constatare che ciascuno ha qualche aspetto particolare che lo distingue dagli altri.
Il fiume più lungo d'Europa è il Volga, che nasce da alcuni laghetti morenici sulle colline del Rialto del Valdài, a 250 metri sul livello del mare, e sfocia nel Mar Caspio dopo un corso di 3690 km: questo significa che la pendenza media è inferiore ai 7 cm per km e spiega la velocità bassissima della corrente, spesso inferiore a 1 metro al secondo. Le regioni che il Volga attraversa sono povere di piogge, ma il bacino è così vasto (1 milione e 700 mila kmq) che il fiume è regolare, ricco di acque e perciò navigabile: con i suoi affluenti forma un sistema di vie fluviali di 12.000 km.
Per lunghi periodi, quattro o cinque mesi, il gelo blocca però la navigazione (ma non il transito, perché il ghiaccio sopporta il peso anche dei più pesanti autocarri). E' quello naturalmente il periodo di magra del Volga. Ma quando con la primavera arriva il disgelo (in aprile, a causa del clima continentale), prima lo scioglimento delle nevi e dei ghiacci e poi le piogge estive gonfiano le acque del fiume provocando le maggiori piene dell'anno. Perciò diciamo che il regime del Volga è 'nivale', cioè che le sue piene sono conseguenza dello scioglimento delle nevi.
La portata dei fiume nel corso inferiore, svolgendosi in una regione a clima arido, diminuisce per effetto dell'intensa evaporazione ed anche per la dispersione delle acque nei terreni alluvionali circostanti.
Il Volga sfocia nel Mar Caspio con un grande, intricatissimo delta, ma già da Volgograd (Stalingrado) si divide in parecchi rami, che sono una riprova della sua bassa velocità.
L'esame del corso del Volga ci ha così permesso di constatare che dislivello, clima, natura dei terreni ed intervento dell'uomo contribuiscono in varia misura a conferire ai corsi d'acqua particolari caratteristiche.
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In questa veduta del Passo di Susten nelle Alpi Bernesi (Svizzera) notiamo i tre aspetti che possono assumere le acque interne: il ghiacciaio, il lago e il fiume.
Osserviamo ora l'azione degli stessi elementi in un altro fiume europeo assai meno lungo, ma più importante, il Reno, il quale sfocia non in un bacino chiuso come il Volga, ma nel mare aperto, dopo aver toccato nei suoi 1320 km di corso sette Stati: Svizzera, Italia (il corso superiore di un braccio secondario in Val di Lei), Granducato di Liechtenstein, Austria, Germania, Francia e Olanda. Prima caratteristica è dunque la sua internazionalità.
Nell'esaminare il suo corso notiamo anzitutto il dislivello tra le sorgenti, nel gruppo del San Gottardo, a 2350 metri di altitudine, e la foce; esso non è uniformemente distribuito: a Basilea, cioè a 900 km dalla foce, il fiume è già sceso a 250 metri. Ciò provoca una diversa velocità della corrente nei vari tratti.
Essa è notevole fino al Lago di Costanza: le acque scendono torbide e schiumeggianti in rapide vorticose, in cascate rombanti fino al lago, dove sembrano trovare pace. Ma le furie del fiume non sono ancora finite: poco a valle di Sciaffusa in un solo salto scende di 24 metri, un decimo dell'intero dislivello del Volga. Dopo Basilea, quando il fiume si inoltra nella fossa tettonica tra i Vosgi e la Selva Nera, la velocità decresce perché il fiume scorre in territorio pianeggiante, il letto si allarga fino a 600-800 metri. Di nuovo però essa aumenta quando, dopo Magonza, il fiume è stato costretto ad aprirsi la strada nelle gole del Massiccio Renano, dove, presso la leggendaria rupe di Lorelei, la larghezza si riduce a 165 metri, mentre la profondità arriva a circa 30 metri. Uscito di nuovo in piano a Bonn, ormai a meno di 50 metri di quota, riprende a scorrere largo e tranquillo fino al Mar del Nord, al quale arriva diviso in alcuni rami, che le maree molto ampie sgombrano dei detriti.
Nell'esaminare il suo corso notiamo anzitutto il dislivello tra le sorgenti, nel gruppo del San Gottardo, a 2350 metri di altitudine, e la foce; esso non è uniformemente distribuito: a Basilea, cioè a 900 km dalla foce, il fiume è già sceso a 250 metri. Ciò provoca una diversa velocità della corrente nei vari tratti.
Essa è notevole fino al Lago di Costanza: le acque scendono torbide e schiumeggianti in rapide vorticose, in cascate rombanti fino al lago, dove sembrano trovare pace. Ma le furie del fiume non sono ancora finite: poco a valle di Sciaffusa in un solo salto scende di 24 metri, un decimo dell'intero dislivello del Volga. Dopo Basilea, quando il fiume si inoltra nella fossa tettonica tra i Vosgi e la Selva Nera, la velocità decresce perché il fiume scorre in territorio pianeggiante, il letto si allarga fino a 600-800 metri. Di nuovo però essa aumenta quando, dopo Magonza, il fiume è stato costretto ad aprirsi la strada nelle gole del Massiccio Renano, dove, presso la leggendaria rupe di Lorelei, la larghezza si riduce a 165 metri, mentre la profondità arriva a circa 30 metri. Uscito di nuovo in piano a Bonn, ormai a meno di 50 metri di quota, riprende a scorrere largo e tranquillo fino al Mar del Nord, al quale arriva diviso in alcuni rami, che le maree molto ampie sgombrano dei detriti.
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Regime del Reno e del Meno. Ogni colonnina indica la portata di un mese a cominciare da gennaio.
Nel corso superiore, come mostra il diagramma che indica la portata media del fiume, poco a valle delle cascate di Sciaffusa, il regime del Reno è glacionivale. Infatti le maggiori portate si hanno in primavera ed estate per effetto dello scioglimento delle nevi e poi dell'apporto dei ghiacciai, mentre le magre invernali sono dovute al gelo. Ma le regioni attraversate dal Reno medio e inferiore hanno un clima di transizione, per cui l'inverno non ha freddi troppo intensi, e le precipitazioni prevalgono in primavera e in autunno. Si osservi ad esempio il grafico del Meno, affluente di destra del Reno, il cui regime vien detto pluviale perché l'afflusso di acque dipende essenzialmente dalle piogge. Nel corso inferiore perciò il Reno vede comporsi il regime glacio-nivale del corso superiore con quello pluviale dei maggiori affluenti tedeschi e francesi: ne consegue, come mostra il terzo diagramma, una grande regolarità nel deflusso delle acque, regolarità che, insieme con l'internazionalità, è uno degli elementi principali della fortuna del fiume.
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Come tante altre in Europa, anche la Cascata del Reno a Sciaffusa, alta 24 m e larga 160, è utilizzata per la produzione di energia idroelettrica. Tuttavia conserva la sua grandiosa bellezza.
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Il canale Volga-Don: la chiusa permette di superare il dislivello col Mare di Cimlyanski, un grande lago artificiale.
L'altro grande fiume internazionale dell'Europa è il Danubio, il quale però soggetto a piene rovinose nella tarda primavera e a magre autunnali molto accentuate, è navigabile con maggiori difficoltà.
Nel suo lungo corso (2960 km) attraversa regioni con clima non troppo dissimile da quelli delle regioni renane; il bacino è molto vasto (circa 800 mila kmq mentre quello del Reno è di 170 mila). I ghiacci lo bloccano per oltre un mese; quando essi si sciolgono e al fiume affluiscono le acque di scioglimento delle nevi, si raggiungono le massime portate, spesso accompagnate da allagamenti. Nella tarda estate la portata diminuisce a causa dell'evaporazione. Il suo corso nei bassipiani Pannonico e Valacco è caratterizzato da meandri e stagni, che richiedono arginature, canalizzazioni, tagli di meandri per aumentare la velocità della corrente. Stagni e rami secondari si fanno numerosissimi verso il grande gomito finale, che termina nel delta sul Mar Nero.
Nelle regioni carsiche le caratteristiche dei corsi d'acqua sono determinate dalla natura permeabile dei terreni. Alimentati da sorgenti copiosissime, essi hanno regime regolare; talvolta il corso è in parte sotterraneo.
Nelle regioni mediterranee invece il regime prevalente è quello torrentizio: la scarsezza di precipitazioni e quindi di alimentazione, la vicinanza del rilievo alle coste e perciò il grande dislivello tra sorgenti e foci, provocano una grande irregolarità nel deflusso delle acque. I letti appaiono asciutti per molti mesi, ma durante le torrenziali piogge invernali le acque vi tumultuano, trascinando masse di detriti che ingombrano le foci e causano impaludamenti.
Molto regolare invece è il regime dei fiumi che scorrono nelle regioni pianeggianti a clima atlantico: l'afflusso copioso e costante delle acque li rende navigabili fino a molti chilometri dalle foci.
Nel suo lungo corso (2960 km) attraversa regioni con clima non troppo dissimile da quelli delle regioni renane; il bacino è molto vasto (circa 800 mila kmq mentre quello del Reno è di 170 mila). I ghiacci lo bloccano per oltre un mese; quando essi si sciolgono e al fiume affluiscono le acque di scioglimento delle nevi, si raggiungono le massime portate, spesso accompagnate da allagamenti. Nella tarda estate la portata diminuisce a causa dell'evaporazione. Il suo corso nei bassipiani Pannonico e Valacco è caratterizzato da meandri e stagni, che richiedono arginature, canalizzazioni, tagli di meandri per aumentare la velocità della corrente. Stagni e rami secondari si fanno numerosissimi verso il grande gomito finale, che termina nel delta sul Mar Nero.
Nelle regioni carsiche le caratteristiche dei corsi d'acqua sono determinate dalla natura permeabile dei terreni. Alimentati da sorgenti copiosissime, essi hanno regime regolare; talvolta il corso è in parte sotterraneo.
Nelle regioni mediterranee invece il regime prevalente è quello torrentizio: la scarsezza di precipitazioni e quindi di alimentazione, la vicinanza del rilievo alle coste e perciò il grande dislivello tra sorgenti e foci, provocano una grande irregolarità nel deflusso delle acque. I letti appaiono asciutti per molti mesi, ma durante le torrenziali piogge invernali le acque vi tumultuano, trascinando masse di detriti che ingombrano le foci e causano impaludamenti.
Molto regolare invece è il regime dei fiumi che scorrono nelle regioni pianeggianti a clima atlantico: l'afflusso copioso e costante delle acque li rende navigabili fino a molti chilometri dalle foci.
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Principali fiumi europei.
Tutti i fiumi europei hanno caratteristiche comuni a uno o più dei fiumi sopra descritti: più sono brevi e più netta è la loro natura; più si allungano, più vasto diventa il loro bacino e più essa diventa composita. In generale i fiumi scandinavi hanno regime glacio-nivale, corso impetuoso, ricco di cascate, rapide e conche lacustri, come il bacino superiore del Reno; quelli delle regioni a clima di transizione, hanno regime pluviale; quelli delle regioni mediterranee regime torrentizio, quelli delle regioni atlantiche regime costante.
La cartina indica, insieme con i fiumi principali, anche la linea dello spartiacque tra quelli che volgono a nord e quelli che scendono al mezzogiorno, ai bacini mediterraneo e caspico. I centri di dispersione o nodi idrografici più importanti sono il Massiccio Centrale in Francia, il San Gottardo in Svizzera, dal quale le acque defluiscono al Mar del Nord col Reno, al Mediterraneo occidentale col Rodano e al Mare Adriatico col Ticino-Po, e il Rialto del Valdài già ricordato, che manda acque oltre che al Caspio col Volga, anche al Mar Baltico con la Dvina occidentale.
In Europa i laghi sono molti e in generale così piccoli, che solo le carte topografiche li registrano tutti.
La sola Finlandia ne ha circa 30.000; ma tolto il Mar Caspio, i laghi europei nel loro complesso occupano una superficie che non arriva alla metà dell'Italia.
Li troviamo raggruppati nella Penisola Scandinava e nelle regioni che la circondano, nelle isole britanniche e nelle regioni alpine: si tratta di laghi di circo, prealpini e morenici, tutti derivati dall'imponente fenomeno delle glaciazioni che così vasta orma hanno segnato sulla Terra e in particolare in Europa. I maggiori sono il Làdoga (oltre 18 mila kmq) e l'Onega (kmq 9500). Il Vaner invece, nella Svezia, e i laghi vicini, sono dovuti a faglie e sprofondamenti.
Degli altri laghi molti, in generale poco estesi, sono quelli vulcanici (nell'Eifel (Germania), nell'Appennino, in Islanda, ecc.). Il lago di Neusiedl e il Bàlaton sono relitti dell'antico lago che occupava il Bassopiano Pannonico. Lungo le coste si trovano spesso laghi costieri, da quelli grandissimi presso il delta del Danubio a quelli che accompagnano le coste atlantiche francesi, a quelli baltici.
La cartina indica, insieme con i fiumi principali, anche la linea dello spartiacque tra quelli che volgono a nord e quelli che scendono al mezzogiorno, ai bacini mediterraneo e caspico. I centri di dispersione o nodi idrografici più importanti sono il Massiccio Centrale in Francia, il San Gottardo in Svizzera, dal quale le acque defluiscono al Mar del Nord col Reno, al Mediterraneo occidentale col Rodano e al Mare Adriatico col Ticino-Po, e il Rialto del Valdài già ricordato, che manda acque oltre che al Caspio col Volga, anche al Mar Baltico con la Dvina occidentale.
In Europa i laghi sono molti e in generale così piccoli, che solo le carte topografiche li registrano tutti.
La sola Finlandia ne ha circa 30.000; ma tolto il Mar Caspio, i laghi europei nel loro complesso occupano una superficie che non arriva alla metà dell'Italia.
Li troviamo raggruppati nella Penisola Scandinava e nelle regioni che la circondano, nelle isole britanniche e nelle regioni alpine: si tratta di laghi di circo, prealpini e morenici, tutti derivati dall'imponente fenomeno delle glaciazioni che così vasta orma hanno segnato sulla Terra e in particolare in Europa. I maggiori sono il Làdoga (oltre 18 mila kmq) e l'Onega (kmq 9500). Il Vaner invece, nella Svezia, e i laghi vicini, sono dovuti a faglie e sprofondamenti.
Degli altri laghi molti, in generale poco estesi, sono quelli vulcanici (nell'Eifel (Germania), nell'Appennino, in Islanda, ecc.). Il lago di Neusiedl e il Bàlaton sono relitti dell'antico lago che occupava il Bassopiano Pannonico. Lungo le coste si trovano spesso laghi costieri, da quelli grandissimi presso il delta del Danubio a quelli che accompagnano le coste atlantiche francesi, a quelli baltici.
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Questo laghetto presso il Passo di Maloggia (Svizzera) è stato sbarrato dalla morena che si appoggia alle rocce levigate e arrotondate dal ghiacciaio. Col tempo, colmato dai detriti, diventerà uno dei tanti pianori perfettamente livellati che caratterizzano le vallate alpine.
Un posto a sé ha il Mar Caspio, non solo per la sua ubicazione. Innanzitutto è il più grande del mondo: 440.000 kmq cioè 1.200 volte il lago di Garda! E' situato in una depressione, che si estende alla Russia meridionale, nella sola parte cioè dove il Mar Caspio è europeo, e un tempo era un vero mare, unito al Mar Nero. La sua profondità, che raggiunge quasi i 1.000 metri nella metà meridionale, verso le coste settentrionali non supera i 5 metri, facilitando così l'avanzata del delta del Volga. In questa zona le acque sono anche meno salate per l'afflusso di acque dolci; invece nella sponda orientale la salinità aumenta. Pur non avendo emissari, il Caspio diminuisce tuttavia di livello a causa dell'abbondante evaporazione: è attualmente a 28 metri sotto il livello del mare.
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Sul Lago Maggiore; uno dei più notevoli laghi prealpini, si trovano alcune frequentatissime stazioni climatiche italiane: a sinistra Verbania, più vicina l'Isola Madre, in primo piano l'Isola Bella, il cui profilo arrotondato mostra l'azione del ghiacciaio quaternario.
Il discorso sulle acque interne non sarebbe completo se non parlassimo anche dei ghiacciai.
Generalmente sono così poco estesi che solo i maggiori sono riportati sugli atlanti; per gli altri occorre la carta topografica.
Due carte dello stesso ghiacciaio tracciate a distanza di qualche decennio, presentano sempre degli elementi di discordanza, perché i ghiacciai in tutto il mondo sono purtroppo in regresso e là dove regnava il ghiacciaio, dove si innalzavano i fantastici, pittoreschi seracchi e si aprivano i profondi crepacci, ora giace spesso solo qualche arido avanzo di morena, in mezzo allo sfasciume.
Tuttavia le formazioni glaciali sono ancora numerose. Nei Pirenei, a causa della scarsa altitudine della catena e della bassa latitudine, essi non hanno lingue glaciali e si dicono ghiacciai di circo. Nelle Alpi dove sono molto numerosi pur non occupando che l'1% della superficie, accanto a quelli di questo tipo troviamo anche ghiacciai propriamente alpini, con lingue che occupano una sola valle, o del tipo imalaiano che riuniscono diverse lingue glaciali ed hanno perciò morene mediane oltre a quelle laterali (il maggiore è quello dell'Aletsch in Svizzera, lungo 27 km e con uno spessore di 800 metri). I ghiacciai scandinavi occupano altipiani o cupole, dalle quali scendono a raggiera diverse lingue glaciali. In Islanda, nelle isole Svàlbard e nella Groenlandia, la quale pur appartenendo al continente americano è terra danese, i ghiacciai occupano intere regioni e raggiungono spessori fino a 3.000 metri; dalle lingue che avanzano fino in mare si staccano gli iceberg così sinistramente famosi.
Generalmente sono così poco estesi che solo i maggiori sono riportati sugli atlanti; per gli altri occorre la carta topografica.
Due carte dello stesso ghiacciaio tracciate a distanza di qualche decennio, presentano sempre degli elementi di discordanza, perché i ghiacciai in tutto il mondo sono purtroppo in regresso e là dove regnava il ghiacciaio, dove si innalzavano i fantastici, pittoreschi seracchi e si aprivano i profondi crepacci, ora giace spesso solo qualche arido avanzo di morena, in mezzo allo sfasciume.
Tuttavia le formazioni glaciali sono ancora numerose. Nei Pirenei, a causa della scarsa altitudine della catena e della bassa latitudine, essi non hanno lingue glaciali e si dicono ghiacciai di circo. Nelle Alpi dove sono molto numerosi pur non occupando che l'1% della superficie, accanto a quelli di questo tipo troviamo anche ghiacciai propriamente alpini, con lingue che occupano una sola valle, o del tipo imalaiano che riuniscono diverse lingue glaciali ed hanno perciò morene mediane oltre a quelle laterali (il maggiore è quello dell'Aletsch in Svizzera, lungo 27 km e con uno spessore di 800 metri). I ghiacciai scandinavi occupano altipiani o cupole, dalle quali scendono a raggiera diverse lingue glaciali. In Islanda, nelle isole Svàlbard e nella Groenlandia, la quale pur appartenendo al continente americano è terra danese, i ghiacciai occupano intere regioni e raggiungono spessori fino a 3.000 metri; dalle lingue che avanzano fino in mare si staccano gli iceberg così sinistramente famosi.